Mal di testa

A volte mi chiedo se l’emicrania non sia un ricordo soppresso ‒ come quella domenica svanita cui avrei dovuto dirti “stai qui” ‒ che preme sulle pareti per rinnovare il taglio, e compensare nel danno l’errore o l’amore di un giorno di gioco umano; o piuttosto un desiderio inespresso, così proibito da restare impronunciato, così privo di labbra e occhi e spessori su cui formarsi, e altro non può che divampare nel chiuso di una scatola buia, di osso e cartone, finché non ne strina la carne, seviziandola: quella carne viziata, da silenziosa accidia, che gli impedisce l’incontro con un corpo capace di sanarlo, di dargli un tempo che non sia insensato.